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                La Letteratura                 
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Salvatore Marceddu
 La Poesia nel cuore... 

Tranne che ai suoi parenti e compaesani, Salvatore Marceddu non è certo un nome noto: non è mai stato annoverato tra i molti che hanno dato lustro alla Sardegna nei secoli, non ha mai conosciuto la ribalta del successo.
Salvatore Marceddu era un uomo normale, pieno di fede in Dio e segnato da una fanciullezza tormentata. Ed era un grande poeta...

 

Biografia

Salvatore Marceddu (secondo da sinistra)
durante un "cuncordu"

N
ato a Lodìne (NU) il 1° giugno del 1908, è il più piccolo della sua famiglia, composta da 6 figli (Antonio, Giovanni, Tommaso, Salvatore, Anna Maria, Maria Rosa), dal padre Giuseppe e dalla madre Caterina; trascorre i primi 9 anni della propria vita come tutti gli altri suoi coetanei, ossia studiando poco (per molti, in verità, l'istruzione non era affatto prevista) ed arrivando a completare solo la seconda elementare, giocando forse meno e comunque dando una mano in campagna. Una vita certamente dura ma comunque normale, almeno per quei tempi.

A 10 anni perde la madre e dopo appena 2 mesi il padre: rimanendo orfano non può fare altro che andare a vivere con la sorella più grande, Anna Maria, sposata e disposta ad accoglierlo in casa propria.
Ma il rapporto con il cognato è tutt'altro che idilliaco: i modi bruschi e spesso violenti sono all'ordine del giorno e Salvatore, costretto a custodire il gregge, medita di partire lontano, sperando in un avvenire più sereno.

Ma a dargli speranza ci pensa il fratello maggiore Antonio: la sua vita non era stata granché fortunata, avendo visto morire il padre vero, il patrigno e la madre che, vedova e con lui a carico, sposò Giuseppe. Antonio aveva per il più piccolo della sua famiglia un occhio di riguardo e, certo, mal digeriva che Salvatore venisse trattato male. Per questo gli promise di prenderlo in casa con sé non appena avesse potuto, ossia una volta sposato ed affrancato dalla condizione di servo pastore per passare a quella di pastore, proprietario di bestiame proprio e, quindi, con possibilità economiche decisamente migliori.
Questa prospettiva non sembrava tanto lontana ed il pensiero di poter cambiare casa e datore di lavoro faceva sopportare a Salvatore tutti i maltrattamenti subiti. Dopo circa due anni le condizioni si verificarono: Antonio acquistò il proprio gregge, prese moglie e mise su casa.
Erano giorni allegri per Salvatore, finalmente poteva sentirsi trattato da essere umano, come i suoi genitori sempre avevano fatto, ma ancora una volta un lutto scosse la sua vita, riducendo in fumo tutte le speranze coltivate per due anni ed ormai così vicine. Antonio, dopo appena 20 giorni di matrimonio, muore, lasciando increduli tutti, dalla giovane moglie al piccolo fratello cui tanto teneva.

Salvatore non può più sperare in un futuro migliore e decide di partire. A soli 12 anni abbandona il suo paese, i suoi amici, i suoi parenti e riesce a trovare lavoro, ancora come servo pastore, ad Ozieri. Qui viene accolto dalla famiglia del datore come se fosse un figlio: con loro vive e da loro viene trattato con ogni riguardo.
Sino ai 26 anni rimarrà alle dipendenze della sua seconda famiglia, ma non si limiterà a custodire il gregge: durante il tempo trascorso in campagna, quando l'unica cosa da fare è verificare che niente e nessuno turbi la tranquillità delle pecore al pascolo, legge tutto ciò che riesce a trovare: libri, giornali e la Bibbia vengono divorati dalla sua mente affamata di cultura e conoscenza, e tutto è per lui fonte di ispirazione. È guardando le pecore che compone poesie incredibili, meravigliose, perfette metricamente, capaci di toccare il cuore negli angoli più nascosti, ed è nei campi di Ozieri che scrive la sua autobiografia, rigorosamente in sardo ed in rima e da lui stesso intitolata "Purzione de sa vida", ossia Parte della vita. La composizione richiede ben 3 anni, durante i quali riporta alla mente i giorni di gioia e serenità ma anche quelli tristi, i lutti e gli eventi eccezionali che attraversarono la sua esistenza di bambino, costretto a vivere una vita da adulto suo malgrado.

Oltre alla biografia, tra le pagine più belle figurano la poesia scritta per dichiararsi alla futura moglie Giuseppa Congiu, 3 anni più grande di lui. Ancora oggi non è certo consueto incontrare coppie dove lo sposo è più giovane della sposa, e men che meno lo era nel 1936, anno nel quale si celebrarono le nozze.

Salvatore aveva la sua famiglia, il suo bestiame, costituito principalmente da capi bovini, la sua casa e due figli: Giuseppe, nato nel 1938, e Angelina, nata 3 anni più tardi.

E tutti vissero felici e contenti?
Purtroppo no, perchè nel 1946 scoppiò una strana epidemia che falcidiò tutte le mucche dell'allevamento, distruggendo ogni fonte di sostentamento ed un intero capitale. Salvatore non poté fare altro che partire in cerca di lavoro e lo trovò, ancora come servo pastore, a Bonorva, dove si trattenne 4 anni. Riuscì a rientrare a Lodine grazie all'apertura di alcuni cantieri stradali, dove venne assunto, ma mai più fece l'allevatore.

La vita trascorre quasi serena fino al 18 aprile 1977, giorno in cui morì la moglie Giuseppa. Salvatore rimasto solo si rassegnò a passare la sua vita un po' a Lodine, a casa del figlio Giuseppe, un po' ad Alghero, a casa della figlia Angelina. Ma ancora il destino gli sta per sferrare un altro duro colpo: nel 1978 Giuseppe si ammalò di tumore; furono anni di grande angoscia per la sorte dell'amato figlio, Salvatore spera in un miracolo, ma la speranza svanì il 10 novembre del 1981, quando Giuseppe -dopo cinque giorni di coma, a soli 43 anni- muore, lasciando tutti nel dolore più totale, in primo luogo la giovane moglie e i tre piccoli figli.

Questa volta Salvatore non riesce a superare il dolore, la pena è troppo grande, una spada gli ha trapassato il cuore, e il suo cuore che tante ne ha sopportato adesso, non ce la fa e  decide di arrendersi .

Salvatore Marceddu muore a Sassari, stroncato da un infarto, il 13 ottobre del 1982, aveva 74 anni.

Il suo corpo ora riposa nel cimitero di Lodine vicino a quello della sua
amata Giuseppa e del suo adorato figlio.

 

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